Il mio è un percorso semplice: sognatore curioso e ambizioso sin da bambino, amante della vita, all’età di 15 anni mi affacciai alla nobile arte del pugilato. Conobbi un grande maestro che mi trasmise i valori di lealtà, umiltà e coraggio. Per mantenermi in allenamento e anche per farmi assaporare un po’ di indipendenza economica e avvicinarmi al lavoro, mio padre mi mandò a lavorare in estate da un marmista cimiteriale dove mi specializzai nelle incisioni su pietra, e già all’età di 16 anni e con quel lavoro, con la realizzazione di immagini sacre su tombe e lapidi, dedicate al caro estinto, capii che si poteva dare un po’ di sollievo a chi rimane.
Il pugilato, insieme con i miei genitori, è stato un grande maestro di vita: forgia nella determinazione a non arrendersi di fronte alle avversità, ad approfittare dell’opportunità della sconfitta e cercare in noi la forza di superarla.
Questo insegnamento mi permise di affrontare la terribile perdita di mio padre, geometra e gran lavoratore, che lasciò prematuramente me e mia madre, gran donna e grande mamma. Cercai un modo di creare dal dolore un’opportunità di sollievo per me e per gli altri, e l’intuizione mi venne con una simpatica e umana figura di impresario funebre nella fiction un “Medico in Famiglia” che mi ispirò a tal punto da decidere, una volta terminati gli studi, di andare a Torino e specializzarmi nel ruolo di Responsabile nella conduzione di attività funebre. Diventai dunque Direttore funebre con competenze manageriali nella gestione di ogni fase del funerale.